Questa psicologa ha tradotto 30 comportamenti dei bambini in una lingua comprensibile ai genitori

di Davide Bert

31 Agosto 2019

Questa psicologa ha tradotto 30 comportamenti dei bambini in una lingua comprensibile ai genitori
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L’incomunicabilità tra genitori e figli è una costante di ogni generazione, tuttavia vi è un periodo della vita in cui i bambini non posseggono ancora gli strumenti adatti per esprimere efficacemente ciò che sentono o che vorrebbero dire.

Per aiutare le mamme e i papà a comprendere meglio i più piccoli, la psicologa Evgenia Zaburdaeva a ideato una sorta di dizionario che consente di interpretare e tradurre il linguaggio non verbale in modo da comportarsi di conseguenza.

 

via Zaburdaeva.ru

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Durante il suo lavoro la dottorezza Zaburdaeva è riuscita a catalogare e schematizzare circa 30 comportamenti associandoli ad altrettanti pensieri e stati d’animo, ecco l’elenco di quelli individuati e il rispettivo significato:

  • Apatia. Può nascondere la paura di commettere errori o di essere giudicato dagli adulti, quindi dietro la pigrizia si può nascondere un freno piscologico.
  • Aggressività. Reagire con rabbia e irrequietezza può essere un modo per chiedere aiuto e comunicare il bisogno di sapere quali sono i limiti da non oltrepassare.
  • Parlare a voce bassa. Non è solo timidezza ma può essere timore di mostrarsi e di non essere accettati.
  • Tirarsi i capelli o mangiarsi le unghie. Si tratta di una reazione ad un forte stress o a uno stato di timore costante.
  • Inerzia e difficoltà ad parlare correttamente. L’assenza di azione e di stimoli può voler dire preferire che siano gli adulti a fare tutto, facendoli sentire utili.
  • Mancanza di condivisione. Può essere una reazione ad un carente supporto emotivo.

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  • Invidia. Dietro può esserci un forte complesso di inferiorità.
  • Balbettare. Si associa spesso alla sindrome dell’abbandono, al sentirsi sottomessi da una figura adulta o dal provare colpa per qualcosa.
  • Essere poco socievole. Non è scontrosità ma difficoltà a interagire con i coetanei.
  • Essere fisicamente violento con i genitori. È una inconscia richiesta di proibizioni e di disciplina nei confronti della madre o del padre.
  • Avere scatti di ira. Non saper comunicare serenamente provoca sensazione di inadeguatezza, mentre la rabbia diviene una scorciatoia per giungere prima ad un risultato.
  • Fare molte domande. Può essere sintomo di sana curiosità ma anche una richiesta di attenzione.
  • Rifiutarsi di andare all’asilo o a scuola. Vuol dire avere paura di staccarsi dalla figura materna, non sentirsi adeguatamente supportati in classe, pensare di essere inadeguato alle aspettative dei propri genitori.
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  • Mangiare troppo o troppo poco. Il cibo, per difetto o per eccesso, è una forma di controllo in reazione ad uno stato di ansia e insicurezza di cui bisogna trovare la fonte.
  • Mostrarsi passivi. Riflette scarso interesse o timore di fallire.
  • Farsi del male da soli. Racchiude un dolore psicologico profondo o un senso di colpa che viene esorcizzato con l’auto-punizione.
  • Incubi. Può essere utile far rappresentare i sogni con disegni o racconti perché essi sono la manifestazione di ciò che spaventa davvero.
  • Ignorare gli altri ed evitare il gioco in compagnia. Sono comportamenti legati alla mancanza di regole chiare in casa e al pensare di non piacere agli altri.
  • Irritabilità, disturbi del sonno e ossessione per l’ordine. Di base c’è l’essere repressi emotivamente, avere paura di affrontare l’ignoto o la solitudine, e il credere che la sequenzialità dia protezione e controllo.

C’è sempre un motivo per qualsiasi atteggiamento: il segreto è imparare a cogliere i segnali, saper osservare, notare i cambiamenti e reagire nel modo giusto per favorire il benessere del bambino.

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