La bambina è sorda, così la scuola impara la lingua dei segni per donarle un messaggio di inclusione

di Davide Bert

16 Luglio 2019

La bambina è sorda, così la scuola impara la lingua dei segni per donarle un messaggio di inclusione
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La scuola non è soltanto il luogo predisposto per l’istruzione ma è anche il contesto in cui si imparano concetti come educazione, rispetto e inclusione. Tutti i bambini hanno diritto ad essere trattati nello stesso modo e avere le medesime opportunità, a prescindere dal colore della loro pelle o dall’avere una disabilità. La “normalità” è un principio cangiante, deciso da stereotipi culturali, ed è proprio compito della scuola aprire il cuore e la mente delle nuove generazioni.

via CNN

Da questo punto di vista la Dayton Consolidated School of Maine negli Stati Uniti è diventato un piccolo presidio di solidarietà e di altruismo quando a tutto l’istituto sono state impartite lezioni di lingua dei segni per aiutare a integrarsi meglio la piccola Morey Belanger, bambina non udente di soli sei anni. Comprensibile la preoccupazione dei genitori quando la bimba ha raggiunto l’età per essere iscritta a scuola, con il timore quindi che potesse sentirsi isolata per via del suo handicap.

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Da qui l’iniziativa di rendere l’istituto a misura di diversamente abile, facendo in modo che il linguaggio dei non udenti divenisse materia normale di studio. Kimberly Sampietro, direttrice della scuola, ha affermato che la presenza di Morey è stata un’occasione di arricchimento per tutti, portando un tipo di cultura e di apertura mai avuta prima. Oltre ai percorsi didattici sono stati anche installati sistemi di assistenza e di guida per audiolesi, con cartelloni disseminati per i corridoi tramite cui le informazioni sulla lingua dei segni può fissarsi meglio nella mente degli scolari.

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Morey è felice, si sente parte del gruppo e tutti gli altri bambini la adorano, la considerano esattamente come una di loro. Essere normali è solo una questione di punti di vista, tuttavia è sbagliato anche all’opposto ignorare le diversità e ostinarsi all’appiattimento. Una carenza, una fragilità va colmata con l’assistenza attiva non con l’assistenzialismo, facendo sentire le persone meno fortunate come accolte, protette e sostenute nel superare qualunque ostacolo.

A volte i bambini sanno essere cattivi e dispettosi con chi è diverso da loro, ma solo perché qualcuno non gli ha saputo insegnare cosa è giusto. Sotto la giusta guida i più piccoli hanno il potere di dare fiducia e trasmettere ottimismo a chi come Morey vuole solo avere il proprio posto nel mondo.

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