Perché non dovremmo mai scrivere "Amen" nei post di Facebook e alcuni consigli per riconoscere una foto falsa
Internet è una grande risorsa, impareggiabile per raccogliere informazioni, per condividere notizie e per comunicare. Allo stesso tempo però può essere una trappola pericolosa e insidiosa, perché dietro ad una tastiera si può nascondere chiunque, non sempre animato dalle migliori intenzioni. Tra i tanti stratagemmi e truffe ve ne è uno in particolare che sfrutta in maniera combinata il potere dei social e della solidarietà, ecco nel dettaglio di cosa stiamo parlando.
via CBS News
Spesso su Facebook girano dei post che ritraggono persone di ogni età, costrette in un letto d’ospedale perché affette da rare malattie e in lotta per la propria vita. Le immagini sono quasi sempre corredate da frasi ad effetto che hanno l’obiettivo di fare presa sulla gente, stimolando a mettere un “like”.
L’espediente in questione è quello di invocare a scrivere la parola “Amen” sotto al post e condividere a propria volta la foto per farlo fare anche agli altri. Assecondare questa richiesta è sbagliato in quanto quasi sempre le povere persone oggetto del post sono assolutamente ignare del fatto che sia stata usata la propria identità. Nei casi peggiori si tratta di qualcuno che purtroppo non ce l’ha fatta ma di cui si continua a sfruttare abusivamente l’immagine.
Che vantaggio c’è a utilizzare questo sistema di cattivo gusto per un semplice “mi piace”? Il trucco è che dopo un certo numero di condivisioni la pagina può cambiare nome, usando i contatti acquisiti a scopi commerciali su piattaforme web che monetizzano per ogni click accumulato.
Per essere sicuri dell’autenticità del post si può utilizzare lo strumento di ricerca di Chrome che consente di effettuare una ricognizione della rete con l’opzione “cerca l’immagine su Google”. In base ai risultati ottenuti si potrà quindi verificare quali e quante volte è stata impiegata quella particolare foto, su quali siti e se le fonti ogni volta sono state cambiate. Si tratta di una piccola precauzione che non solo può evitare di cadere vittime di puerili strategie di marketing, ma diventa anche una forma di rispetto verso gli sfortunati protagonisti delle foto, e verso le loro famiglie.